No a un contratto di serie B per una parte dei lavoratori dell’industria alimentare. Le aziende devono firmare il contratto collettivo nazionale dell’industria alimentare siglato a dicembre 2019 perché i lavoratori hanno il diritto di vedersi applicare il giusto contratto.
(Bologna, 18 luglio 2023) Tre associazioni del settore (Assocarni, prima lavorazione carni bovine e suine, Assalzoo, mangimi e Italmopa, mugnai) non hanno sottoscritto l’ ultimo rinnovo del CCNL Industria alimentare in scadenza (465.000 addetti in Italia, 17 associazioni datoriali raggruppanti vari settori produttivi, oltre 55.000 addetti in Emilia – Romagna), con le imprese associate che hanno dato una applicazione dello stesso contratto a geometria variabile (chi ha applicato integralmente il contratto, chi lo ha applicato solo sotto forma di anticipi sul futuro accordo e una tantum unilaterali, chi ha applicato solo in parte i disposti del CCNL).
Le tre associazioni di cui sopra (che nella nostra regione rappresentano aziende per circa 5.000 addetti) si sono recentemente costituite in federazione sotto l’egida di Confindustria, rivendicando la necessità di un contratto di settore di filiera della zootecnia (dai mangimi alla prima lavorazione delle carni). Ipotesi che Fai, Flai e Uila ritengono impercorribile in quanto costituirebbe un contratto di serie b che non trova giustificazione se non nel tentativo di ridurre salari e diritti dei lavoratori e che determinerebbe lo spezzatino del contratto nazionale di settore.
Il grande player di questa partita è il gruppo Cremonini (Inalca, Ge.sca.r, Fiorani per quanto riguarda gli insediamenti nella nostra regione) che impiega circa il 30% degli addetti complessivi di queste tre associazioni nella nostra regione e oltre il 70% del settore prima lavorazioni carni (Piacenza, Reggio Emilia e Modena).
Il 25 luglio è convocato a Roma il primo incontro per il rinnovo del CCNL Industria alimentare ovvero dell’unico contratto esistente nel settore industria alimentare. E’ necessario che le tre associazioni riconoscano il contratto definito a dicembre 2019 e lo sottoscrivano, partecipino alla discussione ricercando soluzioni contrattuali all’interno di un rinnovo che deve preservare l’unicità del contratto dell’industria alimentare. Non si può negare in questa fase di carovita e perdita netta del potere di acquisto il diritto dei lavoratori al rinnovo del contratto nazionale di lavoro. Anche in relazione ad andamenti di settore -pre inflazione da profitto 22/23- che nel campione da noi analizzato dice: andamenti 2018 – 2021 settore lavorazione carni e conservazione escluso volatili-: valore aggiunto + 33,6%; fatturato +18,1%; risultato operativo + 17,7%; Ebitda + 21,8%.
“Siamo convinti che i lavoratori e le lavoratrici del settore dell’industria e della cooperazione alimentare abbiano diritto ad un giusto rinnovo del contratto nazionale in scadenza, in tempi certi. Per il ruolo che questi hanno svolto durante la fase della pandemia, troppo presto accantonato, e per quanto accaduto negli ultimi due anni, caratterizzati da una notevolissima perdita di potere d’acquisto delle retribuzioni collegata all’impennata inflattiva.- spiega Valerio Bondi, segretario generale della Flai Cgil Emilia Romagna – Inflazione che ha aumentato del 30% il costo del carrello della spesa e che ha fatto lievitare i profitti delle aziende. Assocarni, Assalzoo e Italmopa devono riconoscere l’unico contratto di settore esistente e partecipare alla trattativa di rinnovo senza ricercare scorciatoie ne vie di fuga inaccettabili. Se esistono esigenze di comparto specifiche, infatti, siamo disponibili a valutarle nel quadro complessivo del rinnovo. Ma si deve partire dal riconoscimento del contratto esistente e dall’accettazione che non può esistere un contratto di “serie b” come richiesto nei fatti da Confindustria che fa da regia esterna dell’operazione- conclude Bondi – Il contratto dell’industria alimentare non può che essere unico per tutte le industrie del settore, perché se cosi non fosse si sancirebbe la fine del contratto nazionale dell’industria alimentare. E’ per questo che l’atteggiamento oltranzista delle Associazioni rischia di generare un clima pesante nelle aziende che noi non ricerchiamo in nessun modo ma che di certo non intendiamo subire”.
“In un contesto storico nazionale ed internazionale caratterizzato da gravi difficoltà – afferma Daniele Saporetti della Fai Cisl Emilia Romagna – negli ultimi anni il settore agroalimentare ha assunto una rilevanza sempre più importante dimostrando ottime performance con crescite rilevanti in particolare nell’export. La non applicazione in parte di norme contrattuali ed il solo pensiero di cercare strade diverse che portino i tre settori magari a diminuire il costo contrattuale rispetto ad altri settori è assolutamente ingiustificato e profondamente ingiusto. Il CCNL dell’Industria Alimentare è uno solo per tutti. Lavoratrici e lavoratori rivestono sempre di più un ruolo ed un valore fondamentale per le aziende per mantenere ed accrescere la loro capacità di stare sul mercato in termini di competitività. In un mercato del lavoro dove le aziende denunciano continuamente le difficoltà a trovare lavoratrici e lavoratori è quantomeno paradossale che si pensi di non riconoscere a loro quello che è “il giusto compenso definito dal Contratto Nazionale”, cercare scorciatoie al ribasso è un’assurdità. Il valore del lavoro e delle persone che lavorano è fondamentale e le stesse aziende dovrebbero favorire percorsi che portino ad intese rapide e condivise invece di ostacolare questo percorso”.
Anche secondo Sergio Modanesi, segretario regionale Uila-Uil: “Storicamente il contratto dell’industria alimentare si rinnova alla scadenza e unitariamente, racchiude in sé tutte le associazioni di tutti i settori ed è l’unico applicabile a livello nazionale. Non c’è spazio per i “dissidenti”.