(Reggio Emilia, 8 ottobre 2021) L’emergenza sanitaria che ha coinvolto negli ultimi due anni il mercato del lavoro reggiano e mondiale in generale ha provocato effetti differenziati tra uomini e donne. A evidenziarlo è un’analisi della Cisl Emilia Centrale su dati dell’Ispettorato nazionale del lavoro che, nella consueta relazione annuale, nell’anno 2020 ha rilevato sono state 42.000 dimissioni di neogenitori che hanno bambini dai 0 ai 3 anni, pur con un calo del 18% rispetto al 2019.
Sulla questione interviene Rosamaria Papaleo, segretaria Cisl Emilia Centrale: “I dati dell’ultimo anno non devono trarre in inganno e la pandemia è stata a cavallo tra 2020 e 2021. Se analizziamo questi dati scopriamo come l’Italia sia, ancora una volta, un Paese che non tutela la maternità. Dei 42 mila i neogenitori che si sono licenziati dal lavoro per badare ai figli, le donne sono quelle più penalizzate essendo ben il 77% del totale. Inaccettabile. Le donne, nella maggior parte dei casi, non vedono riconosciuti i loro diritti, soprattutto in presenza di figli. E se osserviamo i settori dove questo avviene maggiormente sono quelli del terziario 72%, così ben rappresentato a Reggio Emilia, e solo per il 15% nell’industria. È evidente che c’è ancora poca tutela da parte di alcuni datori di lavoro e ci sono pochi aiuti economici da pare dello Stato”.
“Come evidenzia il Rapporto – continua la segretaria – il 92% delle dimissioni/risoluzioni convalidate è di lavoratrici e lavoratori con qualifica di impiegato e di operaio, percentuale sostanzialmente in linea con quella del 94% registrata nel 2019. In entrambe le qualifiche, la netta prevalenza è costituita da lavoratrici madri, pari all’84% degli impiegati (a fronte del 16% rappresentato da uomini) e al 71% degli operai (a fronte del 29% costituito da uomini)”.
“L’ambito produttivo in cui le convalide sono maggiormente concentrate permane il terziario, settore ben rappresentato a Reggio Emilia con significativa presenza femminile a cui si riferiscono oltre il 72% dei provvedimenti adottati; rilevante anche il dato dell’industria, pari a circa il 15% del totale e dell’edilizia, pari a poco più del 3% del totale”.
“Con riferimento alla tipologia di orario di lavoro – conclude la Papaleo -, oltre il 64% dei provvedimenti di convalida si riferisce a rapporti di lavoro a tempo pieno, con prevalenza dei provvedimenti riferiti alle lavoratrici madri. Come Cisl riteniamo quindi si debba intervenire quanto prima, questa diseguaglianza di genere non è più tollerabile. Diverse le leve con le quali possiamo agire: da forti investimenti nei settori dell’istruzione, della sanità, e del sociale, sostenendo le famiglie al favorire, con sgravi fiscali, l’occupazione femminile negli anni del Pnrr. Quindi occorrono congedi obbligatori paritetici fra uomini e donne, interventi per agevolare la conciliazione tra professione e lavoro di cura per gli uni e per gli altri. Serve più contrattazione per facilitare la stabilizzazione delle donne e dei giovani, come prevede anche il Next Generation Eu, occorre contrastare il divario retributivo e pensionistico di genere, ma anche una riforma delle politiche attive per ricollocare le donne che perdono il lavoro. Infine, agevolare lo smartworking riconsegnandolo al perimetro delle libere ed autonome relazioni industriali: consentirebbe a chiunque di dare il proprio contributo alla crescita del Paese”.