La pandemia ha costretto molti a lavorare da casa, ma non sempre si tratta di smart working. Il rischio di contagio ha velocizzato un processo di cambiamento nei luoghi di lavoro e nei modelli organizzativi che dovrà essere gestito insieme con la contrattazione collettiva.
(Cesena, 24 marzo 2021) Si è tenuto mercoledì 24 in videoconferenza il seminario organizzato dal Coordinamento Donne della CISL Romagna, che tramite le diverse testimonianze ha affrontato il tema dello smart working, fenomeno – sottolinea Ilde Magalotti responsabile del Coordinamento donne della CISL Romagna- che deve riguardare indistintamente uomini e donne ed è stato forzatamente accelerato nell’ultimo anno a causa della pandemia ma che porterà, anche ad emergenza conclusa, un forte cambiamento in molti modelli organizzativi di lavoro.
Sono intervenute Silvia Fabbri Direttrice delle Risorse umane di Italian Exhibition Group spa, Stefania Sparaco, responsabile della Regione Emilia Romagna della trasformazione digitale e organizzativa e Stefania Carnevali, consulente di Variazioni srl.
Intervistate dal sindacato, molte donne che oggi sono state costrette a lavorare da casa hanno evidenziato tra gli svantaggi del lavoro agile la mancanza di socializzazione dei colleghi, lentezza della rete internet, carichi di lavoro e familiari aumentati e senza orari. Tra i vantaggi invece riscontrati il tempo recuperato nel mancato spostamento casa-lavoro e la possibilità di conciliare tempi di cura con il lavoro.
Diverse erano le realtà che già prima della pandemia avevano avviato percorsi di reale smart working alcuni giorni a settimana, come la Regione Emilia Romagna e IEG Expo e le sperimentazioni avevano già dato ottimi risultati, anche grazie alla collaborazione ed il confronto con i sindacati, facendo accordi e tavoli specifici. Grazie a questo percorso precedente non si sono trovati impreparati ad affrontare una chiusura forzata ma anzi sono risultati molto più competitivi e attivi rispetto ad altri.
Tutti gli ospiti al seminario hanno sottolineato come quello avviato in pandemia in molte aziende non sia in realtà smart working. Il lavoro da casa intrapreso nell’ultimo anno per limitare i contagi in molti luoghi di lavoro, non ha sempre avuto infatti le caratteristiche principali dello smart working: flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi e nei tempi di lavoro, responsabilizzazione sui risultati ed equilibrio vita-lavoro.
La pandemia ha velocizzato però un percorso verso una nuova cultura aziendale, una nuova leadership che capisca che per attuare lo smart working non basta semplicemente dotare i lavoratori di un pc, ma si tratta di un vero cambiamento di mentalità e per questo necessita una formazione adeguata.
Sarà importante – afferma Francesco Marinelli Segretario generale della CISL Romagna a conclusione del seminario- che a fine pandemia, vengano attivati tavoli di confronto perché attraverso la contrattazione collettiva si possano fissare quelle regole che permettono di fare del lavoro agile uno strumento che migliori la vita di tante lavoratrici o lavoratori che vi aderiranno volontariamente. Questo nuovo rapporto di lavoro potrebbe essere una vera risposta ai problemi di conciliazione dei tempi di vita e ai problemi ambientali sempre più urgenti. Ma è necessario che aziende e lavoratori instaurino un nuovo livello di fiducia reciproca ed un nuovo modello di impresa, sfatando il luogo comune che associa la produttività alla presenza fisica in azienda.
Secondo i dati forniti dall’Osservatorio del Politecnico di Milano se nel 2019, prima del covid, gli smart workers erano 570 mila, ad oggi sono 6,58 milioni, con un aumento del 1050%. Per molti lavoratori che hanno provato lo smart working potrebbe diventare così la nuova normalità di lavoro.Il lavoro agile ha coinvolto il 97% delle aziende, il 94% delle pubbliche amministrazioni e il 58% delle piccole e medie imprese. Dei 6,58 milioni di smart workers, la maggior parte lavora nelle grandi imprese, 2,11 milioni, 1,13 milioni lavora nelle piccole e medi imprese, 1,5 milioni nelle microimprese sotto i dieci addetti e infine 1,85 milioni di lavoratori agili nelle pubbliche amministrazioni. In media ilavoratori nelle grandi aziende private hanno lavorato da remoto per la metà del loro tempo lavorativo (circa 2,7 giorni a settimana), nel pubblico 1,2 giorni a settimana. Si stima inoltre che i lavoratori agili che lavoreranno almeno in parte da remoto, saranno complessivamente~5,35 milioni, di cui 1,72 milioni nelle grandi imprese, 920mila nelle piccole e medie imprese, 1,23 milioni nelle microimprese e 1,48 milioni nelle pubbliche amministrazioni.
Come sindacato- conclude Francesco Marinelli – crediamo che un nuovo modo di lavorare sia possibile e nell’ultimo anno ne abbiamo avuto le prove. Chiediamo quindi alle imprese del territorio romagnolo di scommettere su un vero cambiamento culturale per costruire, a partire dalla contrattazione aziendale, nuove tutele per il lavoro agile sul versante dell’organizzazione del lavoro, delle condizioni ambientali e di sicurezza, certificazione delle competenze , diritto alla disconnessione e diritto alla formazione.